Economia Transizione e fertilità
Una relazione di interdipendenza
di CRISTIAN ROTA
Vi sono sicuramente alcuni aspetti chiave nel condurre un allevamento da latte. Uno di questi è generare ogni mese sufficiente numero di gravidanze per avere un adeguato flusso di parti in tutti i periodi dell’anno ,evitando allo stesso tempo animali con lattazioni troppo lunghe. E’ ormai chiaro che i presupposti per una ottimale fertilità nascono dalla capacità di una gestione adeguata delle bovine in transizione.
Non è di certo da oggi che scopriamo che il rischio maggiore della vacca al parto è la potenziale compromissione della sua salute. Sono però le conseguenze dei problemi post parto sulla sfera riproduttiva che, come dimostrano recenti studi (Santos 2010), dovrebbero seriamente preoccuparci. Una evidente riduzione dei parametri riproduttivi a 60 giorni dal parto è stata infatti evidenziata per animali con uno o più problemi sanitari nel post-parto rispetto ad animali sani, con una riduzione del 20% della ripresa della ciclicità ovarica, un 30% di abbassamento del tasso di concepimento, ed un raddoppio delle perdite embrionali.
Sono numeri che certificano quanto sia importante investire in termini di ambiente, nutrizione e organizzazione del lavoro al fine di garantire il massimo cow comfort e cura degli animali pre e post parto. Ciò significa garantirsi oltre che una eccellente produttività la possibilità di ingravidare il maggior numero di animali entro i 150 giorni dal parto (ricordiamo in questo caso un obiettivo ottimale del 75%). Se un animale non compromette la propria salute al parto è facile aspettarsi che il suo tasso di concepimento alla prima fecondazione sia vicino al 50% il che ci mette davvero sulla buona strada per il raggiungimento del target di vacche gravide a 5 mesi da parto.
A questi dati tecnici dobbiamo poi mettere accanto la loro ricaduta economica; generalmente assumiamo che il miglioramento delle performance riproduttive si traduca in maggior produzione di latte e una migliore conversione degli alimenti. La premessa base di tutto ciò è che mandrie con un’ottima fertilità hanno una distribuzione più favorevole degli animali lungo la curva di lattazione. In una simulazione dell’impatto della fertilità sui ricavi economici (Bethard, De Vries 2012) sono stati messi a confronto quattro diversi scenari per tasso di gravidanza (12, 14, 25 e 33%) che determinano una diversa % di animali gravidi a 150 giorni in latte, pari rispettivamente al 57 % per i due tassi di gravidanza più bassi e del 76% ad 83% per i due più elevati. Ciò determina una percentuale di animali oltre i 300 giorni di lattazione rispettivamente del 29%, 18%, 11% e di solo il 4% nel caso dell’allevamento con le performance riproduttive migliori.
Muoversi positivamente lungo questi valori di efficienza rappresenta una grande opportunità per tutti quegli allevamenti. Quale beneficio economico ne possono avere? Certamente si avrà un aumento del margine lordo al netto dei costi alimentari (IOFC) che potrà migliorare da 1 fino a 2 € per capo al giorno; inoltre si determina di fatto una riduzione dei costi operativi che può variare da 0,8 a 2€ per ogni 100 kg di latte prodotti, a seconda del livello di latte prodotto e del valore sul mercato delle vacche da riforma.
L’impatto complessivo della fertilità sul costo di produzione è quindi notevole a conferma di quanto tale aspetto sia effettivamente il “motore” per un’ottimizzazione del margine di profitto degli allevamenti da latte ed un suo mantenimento nel tempo. Ne consegue che dato il forte legame tra la salute delle vacche al parto e la loro fertilità, la gestione della transizione assume un ruolo decisivo nell’abbassamento del costo di produzione e quindi nel miglioramento della redditività aziendale.
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